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“Il partigiano Johnny” di Beppe Fenoglio (1967-68, postumo)

In questo stralcio del romanzo, inverno 1944, siamo vicino ad Alba, nella frazione di Sant’Elena (circa dieci km a sud est da Alba, poco distante da Cortemilia).

I due partigiani Ettore e Johnny, entrambi nomi fittizi di battaglia, riposano in una stalla. Mancano tre giorni al Natale del 1944, il clima è freddo e nebbioso. Ettore ha mal di gola e non si muove. Giunge la notizia del ritrovamento di un cadavere di un partigiano. Johnny si reca sul posto e analizza quello che è successo, con l’altro partigiano Ivan e poi, una volta tornato, con Ettore. Ne ricava una amara riflessione sul valore della vita, sulla facilità della morte, durante una guerra sempre più dura ed assurda.

Capitolo 33, Inverno 3

[…] Così con brutti presentimenti sotto un cielo che ne ispirava di peggiori, Johnny andò a S. Elena, nel più selvaggio degli anfratti, a vedere l’ucciso. Ivan, il partigiano della collina dirimpetto, era già chino su di lui, ed esaminava, minutizzava e deduceva tossendo senza tregua. Dietro di lui stava intenta, ma squirming [contorcendosi] occhi e piedi, una fila di contadini, le orecchie dritte ad ogni buffo del vento nei rami bassi. E tutti scuotevano la testa mentre Ivan interrogava: – Davvero non avete sentito niente? Nessuno sparare? E nemmeno visto niente? Qualcuno che scappava di gran corsa? […]

Il ragazzo era una conoscenza di Ivan, svelto e ardito, non facilmente ingannabile, con una perfetta conoscenza del terreno, in grado di scampare all’inseguimento di un battaglione, e non portava nulla che puzzasse inequivocabilmente di partigiano, era vestito tra il contadino e lo sciatore. Una donna invitò Johnny a rivoltare il morto, desse un’occhiata alla sua bellissima faccia, ed era realmente come la donna lo descriveva: il rosato delle guance non era ancora realmente svanito, il giovanile nitore dei lineamenti non ancora affogato nell’età insondabile della morte né troppo affilato dallo strain [sforzo]  della disperata vita che aveva così precocemente condotta. – Un così bel ragazzo,  – si lamentò la donna – che io sarei stata orgogliosa d’essergli madre. Ed ora eccolo lì, ucciso come un coniglio.

DIsse Johnny: – Sì, Ivan, questo cambia tutta la situazione. L’uomo che l’ha ammazzato era un tipo che egli non conosceva e del quale assolutamente non sospettava. Un uomo che l’ha incrociato, magari con un sorriso e con un saluto, e dopo due passi ha estratto la pistola e gli ha sparato nella schiena. – E’ così, disse Ivan, e poteva esser travestito indifferentemente da contadino, da mendicante o da ambulante. Può benissimo darsi che il morto lo abbia salutato e sorriso.

Lasciarono il ragazzo che aveva loro appreso quella importante lezione, la gente restante promettendo che al cader della notte l’avrebbe portato al cimitero di Rocchetta [Tanaro], con tutto l’occorrente di riguardi e preci. […]

A proposito – disse Ivan – Ho visto Nord [uno dei partigiani delle Langhe] qualche giorno fa, tornava da Cortemilia dove gli avevano operato una mano. Aveva intorno i più duri dei suoi e facemmo un discorsetto sulle spie. Sai, Johnny, i suoi ne hanno già spacciata una, un maestro di scuola. […] “questa è la nuova legge”, d’ora innanzi e fino a nuovo avviso.

– Nel dubbio uccidete, Non ha detto proprio uccidete ma l’equivalente.

– Nel dubbio sopprimete- suggerì Johnny.

– Esatto. Nel dubbio sopprimete. Questa è la nuova legge.

Ettore giaceva nella paglia [è un amico partigiano di Johnny], immerso in un’ombra già notturna, e da giù mimò che il suo maldigola era peggiorato. Johnny gli si inginocchiò accanto, un pugno sullo sten [fucile mitragliatore di fabbricazione inglese, usato dai partigiani italiani soprattutto in nord Italia]. Ho visto il morto, Ettore, e ho imparato una lezione grande. Certamente noi due saremo sempre insieme, ma se a me succedesse qualcosa, tu saprai come comportarti. Quello è stato ucciso alle spalle da qualcuno che non conosceva e del quale egli non sospettava. Qualcuno che l’ha incrociato, salutato, sorpassato e poi gli ha sparato alle spalle. Una spia, un fascista, travestito da contadino o da servo di campagna o da mendicante ecc. – Ettore seguiva con gli occhi brucianti e la testa sempre accennante. – Quindi, d’ora innanzi, dai l’altolà a tutti quelli che incontri, e puntali e falli avanzare con le mani intrecciate sulla testa. Soprattutto parlagli in dialetto e pretendi che ti rispondano in dialetto. E al primo dubbio o al primo movimento falso spara, spara, spara, perché non possiamo permetterci il lusso di crepare in questa disgraziatissima maniera. 

Comprensione del testo

1-Che cosa fa Johnny, una volta giunto a Sant’Elena?

2-Come mai la donna che rivolta il cadavere del partigiano ucciso fa questa similitudine: “ucciso come un coniglio”?

3-Come è stato ucciso il partigiano che Johnny va a vedere?

4-Quale fine devono fare, secondo i partigiani, le spie fasciste?

5-Quale lezione di vita apprende Johnny dopo aver visto il cadavere del partigiano ucciso?

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