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Storia della mafia in Italia (1860-1994). Parte 3: dal Fascismo alla Seconda guerra mondiale

Questo articolo prosegue quanto descritto precedentemente presso questo indirizzo web.

Con l’avvento del Fascismo, dal 1922, la mafia dovette scendere a patti con i rappresentanti di Mussolini. Ma essa, per la sua sfrontatezza e la sua indipendenza dallo Stato non era piaciuta al Duce. Nel 1925 inviò a Palermo, con poteri straordinari, il Prefetto Cesare Mori, ancora oggi ricordato per i metodi brutali di repressione, di blitz e di retate contro il fenomeno mafioso che egli utilizzò durante la sua permanenza in Sicilia. Nel 1927, non appena Mori mise le mani su fatti scottanti che avrebbero danneggiato politici romani, fu allontanato dalla Sicilia, non prima, però, di aver assicurato alle patrie galere il capo dei capi dell’epoca, don Vito Cascio Ferro.

Nel 1930 prese piede la carriera di Lucky Luciano, mafioso che approfittò dal 1932 del new deal di Roosevelt per ampliare il giro di affari della mafia italo-americana di Brooklin, con l’inquinamento degli appalti e delle commesse pubbliche. Con Luciano, la Mafia, da fenomeno localizzato, imparò a farsi holding finanziaria, a scalare i grattacieli e la borsa di New York, inaugurando così il modello di comportamento della mafia più recente.

Nel 1943, con la figura del grande padrino Calogero Vizzini a gestire la mafia siciliana, senza mai aver sparato un colpo, i “picciotti” vissero la loro stagione di gloria. Lucky Luciano, liberato dalle galere americane, coordinò insieme alle famiglie siciliane lo sbarco in Sicilia degli americani. Con la liberazione dal Fascismo, la mafia poté tornare a prosperare: in questo caso le fecero da garanti i politici americani, che avevano autorizzato il rientro in Sicilia di Luciano per motivi di strategia militare. Si spiega così la possibilità che la mafia ebbe, il 1 maggio 1947, di effettuare la strage di Portella della Ginestra: 34 morti uccisi a colpi di mitra durante un raduno di circa 3000 persone per ricordare la festa del lavoro. Probabilmente in mandanti furono i gabelloti e i latifondisti monarchici, che mal avevano digerito la vittoria della Repubblica al referendum del 2 giugno 1946. A distanza di circa quarant’anni, il pentito Tommaso Buscetta, confidente del giudice Falcone, indicò nei legami tra latifondo, politica conservatrice e Mafia i mandanti senza nome di quella strage di innocenti.

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