Bicchieri

Bicchieri: una breve storia del vetro

Prima di descrivere l’uso dei bicchieri al bar e al ristorante, sembra necessario, almeno come lettura d’interesse, raccontare una breve storia del vetro.

Il vetro nell’antichità

La scoperta del vetro ha origini antiche, e non si sa quale popolo o in quale periodo sia avvenuta. Una delle tante leggende tramandate da Plinio, racconta di alcuni mercanti fenici che tornando dall’Egitto con un carico di carbonato di soda, o salnitro, decisero di fermarsi per riposare sulle rive del fiume Belo. I mercanti utilizzarono dei blocchi di salnitro per appoggiare i tegami su cui preparare la cena e sotto vi accesero il fuoco; al mattino si accorsero che al posto della sabbia del fiume e del carbonato di soda, si era formato un materiale trasparente e lucido.

Il più antico reperto in vetro è una bottiglia esposta al British Museum che risale a Thutmose III, faraone della 18a dinastia, esistita attorno al 1450 a.C.

Si ritiene che furono i mercanti fenici a diffondere le tecniche del vetro nell’area del Mediterraneo. Nell’età del ferro, tra i molti oggetti in vetro, si trovano anche suppellettili da tavola monocrome di colore verde pallido, o incolori o colorate intenzionalmente. Il vetro in questo periodo era un materiale prezioso e raro e gli oggetti prodotti con il vetro non erano molti. Nell’età Ellenistica la manifattura del vetro si diffuse in tutto il Mediterraneo. È in questo periodo che si ritrovano i gruppi più antichi di oggetti di vetro. Il primo, proveniente dalla Magna Grecia, rappresenta il primo tentativo di produrre un servizio da tavola, composto di contenitori di portata e recipienti per bere; il secondo gruppo di oggetti è composto da coppe per bere di forma conica ed emisferica con base arrotondata, prodotto nell’area siro-palestinese. Questi oggetti testimoniano la crescita e la diffusione della produzione del vetro e, se all’inizio dell’Età Ellenistica il vetro era ancora un oggetto raro e prezioso, intorno al 50 a.C. era diventato un materiale d’uso quasi comune.

Fu durante la dinastia Giulio-Claudia che la scoperta e la diffusione della tecnica della soffiatura, rivoluzionò la produzione del vetro, sostituendo il metodo della colatura usato fino allora.

Intorno al 25 d.C. il vetro a colorazione naturale verde bluastro o verde chiaro, divenne il materiale più diffuso per il mercato del vasellame da tavola e dei recipienti per la conservazione, mentre il vetro incolore era ricercato per gli oggetti di miglior qualità, e con il vetro non decorato si facevano interi servizi da tavola.

Della ricchezza e varietà degli oggetti in vetro, che si trovavano sulle tavole degli antichi romani agiati, vi sono molte testimonianze; un breve elenco può dare un’idea del desiderio di raffinatezza e della ricerca di cose preziose dell’epoca; i recipienti che si utilizzavano per bere erano diversi e tutti avevano un uso specifico: ciati, calici, crateri, patere, cantari o boccali, spesso fatti di legno, scifi, catini, tazze e fiale. Molti erano d’oro, d’argento e murrini, cioè di murra, altri erano di terracotta e molti ancora in vetro. La murra era una pietra speciale d’origine orientale, opaca e preziosa, con la quale si facevano coppe rare e di valore, tenute in grande considerazione, poiché si riteneva che tale materiale aumentasse la fragranza dei vini.

A partir dal primo secolo, e per tutta l’epoca romana, si produssero in tutto l’Impero servizi da tavola in vetro soffiato, e le migliori qualità di vetro furono intenzionalmente decolorate, diffondendo il concetto di trasparenza. Gli artigiani, per sfruttare la capacità di riflettere la luce attraverso le sfaccettature, cominciarono a produrre, soprattutto in Italia, bicchieri e anfore sfaccettati. Fino al V secolo l’industria del vetro si diffuse e arricchì di nuove tecniche decorative, poi cominciò lentamente a scomparire per via dei nuovi assetti politici ed economici dovuti alla disgregazione dell’Impero. Parte dell’arte vetraria romana fu mantenuta e continuò ad esistere in oriente con lo svilupparsi della cultura bizantina.

Il Medioevo

Nonostante il declino artistico e culturale che coinvolse l’Europa del medioevo, l’influenza dell’Impero romano non scomparve del tutto. Nei paesi nordici gli artigiani si ritirarono dalle città e si stabilirono nelle foreste, dando vita a manufatti legati a caratteri regionali, nei paesi meridionali, e in quelli orientali, si continuò a produrre oggetti in vetro, seguendo la tradizione romana. L’arte vetraria si sviluppò fortemente durante l’Impero Romano, soprattutto in quelle aree dove andava diffondendosi la cultura della vite e si formavano grandi centri vinicoli. Nelle aree del Reno, della Mosella, della Senna e del Rodano, vetrai e viticoltori, che già avevano sostituito la ricchezza dei vetri romani con forme più semplici e pratiche, cominciarono a concentrarsi sulla produzione di bicchieri e bottiglie, anche se il vetro di colore verde, detto “teutonico”, è ricco di scorie e le forme, copiano quelle dei manufatti in terracotta. Questo vetro si diffonde in tutta l’Europa del nord fino in Inghilterra, e a sud fino ad una parte della Spagna.

È verso il 1200 che in Italia la produzione del vetro comincia a concentrarsi in alcuni centri come Venezia, dove esisteva una corporazione di mastri “fiolari” o fabbricanti di bottiglie, mentre i vetrai di Altare, paese della Liguria, erano apprezzati all’estero. In questo periodo, oltre alla produzione classica del vetro, bicchieri, contenitori, bottiglie ecc, nascono nuove applicazioni del vetro, spinte dalle necessità della tecnica e della scienza, come alambicchi, lenti di ingrandimento, occhiali, imitazioni di pietre preziose.

Con la caduta dell’Impero romano si erano perdute anche le raffinatezze della tavola e sicuramente il bicchiere singolo era una di queste, dato che durante l’impero di Carlomagno non c’era più un bicchiere per ogni commensale, ma si beveva da una coppa comune fatta girare tra gli ospiti. Nel Medioevo le persone più importanti, per bere, usavano coppe di legno o terracotta o zinco, gli altri bevevano dalla caraffa; con una prescrizione di educazione: non riempire la bocca e cominciare a pulirla con il dorso della mano, inoltre, la norma prevedeva che ognuno vuotasse il proprio bicchiere prima di passarlo al vicino.

La tavola medioevale è povera di oggetti, mancano sia i bicchieri sia le posate singole, il coltello, che per molto tempo resterà l’unica posata, è in comune e perciò è utilizzato da più commensali. Il bicchiere singolo è un’eccezione e il suo uso non si generalizza fino alla fine del XVI secolo e dove presente, il suo posto è alla destra. Montagne mentre attraversa la Germania meridionale nel 1580 racconta:”Ciascuno ha davanti al proprio posto il proprio bicchiere o la tazza d’argento, quello che serve ha cura di riempire il bicchiere non appena è vuoto, senza rimuoverlo dal suo posto, versandovi del vino da lontano con un vaso di stagno o di legno dal lungo becco”.

Il Rinascimento

Ma quasi due secoli più tardi nel 1717, François de Caillers, conferma come il significato di certi comportamenti avesse ancora il suo significato: “In Germania e nei regni del nord è segno di civiltà e di buona educazione che un principe beva per primo alla salute di colui o di coloro che intrattiene a tavola, e poi di far presentare loro il bicchiere o la ciotola in cui ha bevuto, riempiti del medesimo vino; tra di essi non è affatto mancanza di buona educazione bere al medesimo bicchiere, anzi è segno di franchezza e di amicizia”.

È l’evoluzione del costume e la nascita di nuovi concetti comportamentali ad elevare la “soglia del disgusto” e a condurre all’uso di oggetti singoli sulle tavole. Ed è il banchetto rinascimentale a riscoprire l’individualità di stare a tavola, imitando il simposio classico. Non più la mensa comune, ma il piatto, le stoviglie, il posto e la sedia ben differenziati.

Nel Rinascimento il miglioramento delle tecniche di produzione e dei materiali consentì la creazione di oggetti di una certa delicatezza e finezza, fatti con vetro trasparente e di qualità. La ricerca di raffinatezza si riflette anche sugli oggetti della tavola e nel nostro caso in quelli di vetro; sulle tavole rinascimentali il vetro colorato e frantumato in piccoli pezzi era anche utilizzato per creare disegni decorativi.

Sul finire del XV secolo Venezia era diventata il centro vetrario più importante del mondo. L’importanza della produzione del vetro a Venezia è confermata dal riconoscimento del titolo nobiliare ai vetrai di Murano che usufruivano così di una particolare autonomia.

In questo periodo l’arte vetraria non resta indifferente al forte fermento culturale e artistico, e vede così grandi artisti e artigiani, dedicarsi al vetro e dare vita a nuove forme e a nuove tecniche decorative. In questi anni il Barovier migliorò la tecnica di produzione del “vetro cristallino, e d’ora in poi con il vetro trasparente si cominciano a produrre coppe da vino, bicchieri, tazze, calici, vassoi, piatti, lampade di grande valore sia artistico che qualitativo.

Sul finire del ‘500 si fa strada l’idea di privilegiare la forma alla decorazione, e comincia una produzione di oggetti di forma elegante anche per quelli detti d’uso comune. Ed è ancora in questo periodo che si ritiene sia nato a Murano lo specchio; quando gli artigiani applicarono sul retro di lastre vitree l’amalgama di stagno legata al mercurio.

Nel Rinascimento soltanto due altri centri in Italia riescono a competere in qualità con Venezia, Firenze e Altare. Le fornaci di Firenze e Pisa producevano già i fiaschi con rivestimento in paglia e i vetri ad uso medico e scientifico.

Gli Alteresi portarono le loro conoscenze sulla produzione del vetro in tutta Europa, ma anche i molti vetrai italiani e Veneziani, nonostante i divieti e le pene inferte ai trasgressori, contribuirono a diffondere le tecniche di produzione e decorative delle città di provenienza. Ne sono testimonianza il “Catalogo dei vetri” dei Colinet, dove sono citati oggetti veneziani come il Flute, o bicchiere a flauto, e la fama raggiunta dai vetrai italiani, grazie alle forme e alla qualità del materiale.

Nonostante questi scambi tra vetrai di vari paesi, alcune zone svilupparono forme autonome che diedero origine al bicchiere conico senza base, il bicchiere a doppia struttura, dove coppa e base sono formati da due coni contrapposti e divisi da un nodo centrale, il grande bicchiere a forma cilindrica e piede a cono chiamato “Pass-glass” e che era passato tra i commensali; il Römer gotico, e ancora il bicchiere tedesco “maigelein” con la superficie ondulata, e il kuttolf o guttrolf, una bottiglia dal collo stretto e imboccatura larga.

Nel XVII secolo con il declino di Venezia anche la produzione del vetro si sposta verso nord, comincia così un interesse verso la produzione di boccali da birra con manufatti che cercano più la praticità che non l’appagamento estetico. Molta attenzione ha in questo periodo l’Humpen che arriva ad essere alto anche 60 cm dalla forma cilindrica e con decorazioni che assecondano i gusti locali. Tra gli Humpen più conosciuti si trovano il passglass, il hofkellereiglass, più piccolo per contenere una minore quantità di birra, il reichsadlerhumpen, (bicchiere dell’aquila imperiale) e il jugdhumpen (bicchiere del cacciatore) decorato con scene di caccia.

Nella seconda metà del ‘600 in Inghilterra nasce il vetro al piombo, un vetro più pesante di quello veneziano, ma più brillante e morbido, adatto all’intaglio detto anche cristallo al piombo. Il vetro al piombo e quello al potassio diedero il via ad una produzione locale importante e prosperosa che vide nel 700 una grande diffusione anche nelle colonie. Tipici di questo periodo sono la produzione dei posset-pots, particolari bicchieri fatti per bere una bevanda dell’epoca il “posset” fatto con latte caldo, amalgamato con birra, vino o altro e spesso aromatizzato con spezie, usato come rimedio per i raffreddori; altra produzione dell’epoca erano i romer, i tipici bicchieri di origine tedesca in cui si serviva il vino bianco del Reno.

Nel ‘700 anche l’industria vetraria tedesca ha una grande vantaggio dai miglioramenti fatti al vetro al potassio che in seguito a devitrificazione, cioè attraverso la sostituzione del potassio con dosi sempre maggiori di protossido di piombo, divenne noto in tutto il mondo con il nome di “cristallo” di Boemia. In quel periodo le nuove tendenze del gusto portano ad abbandonare le forme tradizionali tedesche, di cui rimangono solo il romer e l’humpen. Si diffonde la moda del calice che prende il nome di pokal.

L’età moderna

Nell’800 forme e tecniche di produzione non variano di molto, le industrie si concentrano nel cercare i metodi per sfruttare al meglio le fonti di energia, e c’è un ritorno in auge del vetro veneziano grazie all’arte della smaltatura. Alla fine del secolo si arrivò alla realizzazione di opere d’arte notevoli nei laboratori Gallé e Tiffany. Nel XX secolo il vetro divenne, insieme all’acciaio, il materiale che caratterizzò il periodo del Modernismo, movimento degli anni Venti, che preferiva la funzione allo stile. È nel XX secolo che il vetro oltre che per i consueti oggetti è largamente utilizzato come materiale nell’edilizia e si arrivò alla scoperta di nuovi materiali come il vetro-ceramica, utilizzato non solo per le antenne delle navicelle spaziali, le finestre, ma anche per gli oggetti da tavola e i forni.

Oggi l’arte del vetro e la tecnologia del vetro in molti paesi sono insegnati a livello universitario e molte sono le mostre e i musei che dedicano spazio all’arte e alla tecnologia del vetro.

Una di queste mostre relativa ai bicchieri e tra le più importanti al mondo, è ospitata presso gli stabilimenti della Cinzano a Santa Vittoria d’Alba, Cuneo.

Classificazione del vetro

Ma cos è il vetro? Il vetro è un liquido ad elevata viscosità solidificatosi con il raffreddamento. È formato da silice unita a sali o ossidi di calcio, soda, fondenti che consentono di fondere la silice ad una temperatura inferiore, e a ossidi, di calcio, magnesio e bario. Nel composto si possono trovare opacizzanti o coloranti. Gli stabilizzanti possono essere sostituiti da ossido di piombo, ottenendo vetri con alto indice di rifrazione, i vetri al piombo.

Della sessantina di diversi tipi di vetro esistenti, quelli che interessano principalmente la fabbricazione dei bicchieri sono i cosiddetti vetri al piombo o cristalli o ancora vetro sonoro.

Il vetro al piombo si chiama così perché tra i suoi componenti si trova una certa quantità di ossido di piombo che dà un maggior peso specifico, una maggiore lucentezza e la capacità, soprattutto negli oggetti cavi, calici e coppe, di risuonare lungamente e piacevolmente al tocco.

La classificazione europea dei cristalli del 1973 prevede una suddivisone relativa alla percentuale di ossido di piombo utilizzata.

  • Cristallo superiore: con più di 30% di ossido di piombo.
  • Cristalli al piombo: con più di 24% di ossido di piombo.
  • Vetro sonoro superiore: contiene, ossido di piombo e di zinco, bario e potassio in quantità maggiore o uguale al 10%.
  • Vetro sonoro: contiene, ossido di piombo e bario o di potassio in quantità uguale o maggiore al 10% singolarmente o globalmente.

I cristalli colorati si ottengono aggiungendo alla massa vetrosa incandescente degli ossidi metallici e a volte terre rare.

Dall’azzurro chiaro all’azzurro scuro si utilizza l’ossido di cobalto; per il blu, ossido di nichel; il verde con l’ossido di cromo; dal rosso al rubino si usa oro metallico terre rare; il giallo con l’ossido di cerio e il lilla con l’ossido di neodiminio.

Quali bicchieri

Uso del giusto bicchiere per la bevanda richiesta, cura e abilità nel maneggiarlo e porgerlo, corretta temperatura del vetro in funzione del liquore da servire, attenzione nel lavaggio e nella custodia, fanno immediatamente capire il grado di professionalità e il piacere per il proprio lavoro di chi opera dietro il banco.

Il bicchiere non è solo uno strumento di lavoro, è il biglietto da visita del bar. Del bicchiere si ha un’esperienza e un ricordo preciso dovuto alla sensazione tattile che deriva dal portarlo alla bocca. I bicchieri devono quindi soddisfare nella forma, invitando al contatto, e rassicurare nel bere dalla pulizia e dalla cura con cui sono manipolati.

Forma, ampiezza, qualità del vetro o del cristallo, richiedono un’attenta valutazione, poiché il tipo di cristalleria marchia lo stile del servizio. La scelta del bicchiere deve essere fatta tenendo presente i prodotti a disposizione e le rispettive grammature. Questo serve ad evitare errori di servizio con grammature piccole in bicchieri grandi e viceversa, cosa che crea sempre perplessità o imbarazzo.

Il bicchiere deve avere una forma dalle linee pulite, in modo da dare una sensazione visiva e tattile di leggerezza. L’idea di leggerezza deve essere accompagnata da una forma pratica e resistente, sia per il lavaggio sia per una comoda sistemazione nei ripiani.

Il tipo di vetro è contraddistinto da etichette che ne identificano la qualità: bollino rotondo in oro, cristallo al piombo; bollino quadrato in argento, vetro sonoro superiore; bollino triangolare in argento, vetro sonoro. Il cristallo è quel materiale al quale, alle materie prime che formano il vetro, silice, solfati o carbonati di sodio e potassio, anidride arseniosa, coloranti, opacizzanti, è aggiunto ossido di piombo.

I bicchieri, soprattutto i calici, devono essere in cristallo o vetro fine, rotondo, liscio, non colorato, privo di loghi o scritte pubblicitarie. Gli unici bicchieri che possono essere marchiati sono quelli da birra. In questo caso il bicchiere firmato va usato esclusivamente per servire birra di quella marca; inoltre, bisogna porgerlo in modo tale che il marchio inciso sul bicchiere sia ben visibile a chi beve.

Per non provocare sensazioni spiacevoli bisogna assolutamente evitare di porgere bicchieri non perfettamente puliti, bagnati o non completamente asciutti, o ancora non del tutto freddi. I bicchieri scheggiati devono essere prontamente eliminati, e dovrebbero essere messi in riserva i bicchieri ormai segnati dal tempo e dalla lavastoviglie. Nel prendere un bicchiere è opportuno abituarsi a guardarne l’orlo, questo aiuta a scartare i bicchieri rigati, crepati, scheggiati o sporchi.

Nel lavare i bicchieri è opportuno utilizzare saponi neutri e non profumati, ciò evita il pericolo che sapori e odori estranei possano alterare l’aroma delle bevande. L’uso del brillantante dovrebbe essere limitato, soprattutto per i bicchieri utilizzati per il servizio della birra e degli spumanti, perché la patina che ricopre il bicchiere e lo rende brillante, tende a ridurre lo sviluppo e la durata della schiuma della birra e il perlage degli spumanti. É sempre preferibile asciugare i bicchieri non appena escono dalla lavastoviglie, sistemandoli capovolti nei rispettivi scaffali. É necessario fare molta attenzione per quei bicchieri utilizzati nelle preparazioni di bevande che hanno tra gli ingredienti l’uovo o la panna. Il lavaggio deve essere fatto con scrupolo, perché l’uovo può lasciare una traccia d’odore e la panna il grasso.

I bicchieri sono riposti capovolti, divisi per tipo, su scaffali o ripiani, a loro volta coperti da tovaglie o altra biancheria pulita che deve essere sostituita sovente. Si deve evitare di tenere i bicchieri appesi dallo stelo o dal manico, poiché in questo modo non sono protetti dalla polvere o da altri inquinanti come il fumo delle sigarette.

I bicchieri vanno sempre posati sul piano di lavoro quindi, terminato di mescere, si porgono sul piano di servizio accompagnando sempre il gesto con una frase di cortesia. Solo durante la mescita della birra si può tenere il bicchiere sollevato dal banco.

Il trasporto dei bicchieri deve avvenire sempre su un vassoio, il cui piano, per evitare che il bicchiere possa scivolare, deve essere coperto con un tovagliolo o frangino, inoltre, per permettere una migliore stabilità, è bene tenere i bicchieri alti e con fondo pesante (tumbler, flûte, calici in generale), appoggiati sul piede o sulla base, e non capovolti sulla coppa.

Nel caso si rompano uno o più bicchieri è necessario procedere all’immediata e attenta pulizia dell’area, soprattutto in ambienti come i bar in piscina o spiaggia, dove non è improbabile che qualcuno cammini scalzo. I sacchi della spazzatura in cui sono eliminati i bicchieri rotti dovrebbero essere subito cambiati e contraddistinti da un messaggio per avvertire i colleghi della presenza di vetro infranto, sempre fonte di pericolo.