Sintesi del carme “Dei sepolcri” (1807) di Ugo Foscolo. Parte 2
La parte centrale del carme è dedicata all’analisi del valore della tomba per i vivi. Qui Foscolo supera il concetto di morte come “nulla eterno”: lo spazio ad essa dedicato diviene un luogo su cui raccogliersi e trovare nuove forze interiori per provare a modificare il triste presente in cui viveva l’Italia.
(vv.91-104). Dal momento in cui le istituzioni della famiglia, dei tribunali e della religione spinsero gli uomini ad avere pietà per chi era morto, essi tolsero i cadaveri dalla vista delle belve che li sbranavano o dall’aria che li consumava. Testimoni della grandezza dei propri genitori erano, per i figli, le tombe dei genitori e degli antenati. Gli antichi interpellavano i Lari domestici (ovvero le divinità del focolare familiare) e giuravano sopra le loro ceneri. Le forme della religione – una visione teorizzata da Giovanni Battista Vico, filosofo napoletano vissuto tra 1600 e 1700 – avevano permesso che i valori degli antichi venissero tramandati ai moderni.
(vv.104-118). Non c’era bisogno che Napoleone emanasse l’editto di Saint Cloud: già prima di esso il ricordo dei cari defunti non coincideva sempre con la puzza di cadavere che si sentiva nelle chiese, con gli scheletri che spuntavano dalle mura, lungo i marciapiedi cittadini. Questa visione cristiana della morte, molto presente nella vita quotidiana, faceva sì che le madri si svegliassero di soprassalto nella notte, tendendo le braccia ai loro figlioli, perché il pianto di un morto non li svegliasse. Dopo il medioevo, toccava ai cedri e ai cipressi profumare l’aria dei cimiteri; vi erano anche vasi preziosi, posti di fianco alle tombe, utili a raccogliere le lacrime dei vivi.
(vv.119- 136) Gli amici del morto toglievano una scintilla al sole (sotto forma di candela) e ne restituivano la luce al defunto. Le fontane versavano acque utili per far crescere i fiori e le piante posti sopra le tombe, così che, chi vi sedeva sopra, aveva modo di assaporare una fragranza simile a quella che apprezzavano le divinità sull’Olimpo. Una pazzia ricca di pietà umana conduce le ragazze inglesi sulle tombe delle loro madri nei cimiteri della loro nazione; qui però esse pregano anche affinché chi combatte per la loro patria possa tornare a casa sano e salvo.
(vv. 137-150) Ma dove è spento questo spirito eroico (qui Foscolo si riferisce all’Italia) e la vita pubblica è tutta indirizzata a procurarsi ricchezze, le tombe e i marmi servono solo a fare inutile sfoggio di potenza. La classe dirigente italiana è già sepolta nelle proprie reggie e dimore, così come gli intellettuali, divenuti inutili, servi del potere. Foscolo si augura che la morte gli possa preparare un luogo in cui possa trovare un rifugio di pace, con amici che non vogliano prendere le sue ricchezze ma sentimenti puri e una poesia che comunichi senso di libertà.
(vv. 151-167). Le tombe dei grandi uomini del passato accendono le menti più forti di chi è ancora vivo e rendono sacra la terra che le ospita, caro Pindemonte. Quando vidi la basilica di Santa Croce di Firenze, dove riposano, tra gli altri, Machiavelli e Galilei, “beata te, Firenze!”, gridai, per la buona aria e per la dolce acqua che scende dall’Appennino.
Colgo l’occasione di questo articolo per suggerire una canzone che ben si collega al tema proposto e a quello elettorale della prossima domenica: “Urna” di Elio e le storie tese 🙂