La paura di Bauman

Il noto sociologo polacco Zygmunt Bauman morto recentemente ha lungamente parlato nei suoi scritti della paura. La paura alla quale si riferisce Bauman non è, però, la paura canonica. Non è la paura di morire, né la paura di ricevere delle percosse e nemmeno la paura di perdere una  persona cara, ma la “paura liquida”. Una paura alla quale non si può rispondere con il coraggio dei prodi cavalieri. Da attento osservatore dei comportamenti umani quale egli era, nel suo saggio Paura liquida,  Bauman dice chiaramente che la “paura liquida” attanaglia soprattutto gli uomini che vivono nelle zone opulente del globo.

La prova soprattutto chi ha visto migliorare non di poco le sue condizioni di vita negli ultimi cinquant’anni. Chi non deve temere di essere sbranato da una belva quando esce di casa, né  rischia di esplodere perché vive dove c’è la guerra. La “paura liquida” è la paura della “morte metaforica”: la paura di essere escluso. Sì, ora tutto è chiaro. Le possibilità di essere esclusi in questa società sono praticamente infinite. Si pensi al licenziamento che nei Paesi cosiddetti avanzati non necessita di giusta causa grazie alla legislazione addomesticata dal potere economico delle multinazionali. O ancora al mobbing, al bullismo, al razzismo e a tutte le forme di esclusione praticate facendo al tempo stesso ipocritamente credere di essere dalla parte dei più deboli.

Queste forme di oppressione moderne non sono, però, niente altro che la conseguenza dell’aver sdoganato l’avidità umana che ieri uscì dalla porta, ma oggi è entrata dalla finestra della società con gli epiteti politicamente corretti ormai entrati a pieno titolo nella nostra memoria condivisa: libertà individuale, libertà d’impresa, privatizzazione e mercato. Sì, la libertà individuale (leggi: avidità) incontrollata dei super ricchi produce tanta esclusione. Questi ultimi usano l’ambizione di anonimi, che o si identificano con essi o li considerano indispensabili per la conservazione del loro benessere illusorio, come mano lunga per controllare, escludere e tiranneggiare la grande massa.

Chi non ha mai provato la sensazione di sentirsi out perché non possedeva l’ultimo articolo d’abbigliamento alla moda griffato o l’ultimo ritrovato della tecnologia di punta ? Chiedete agli imberbi adolescenti o ai bambini ancora tra i banchi di scuola come si sentono se non hanno il cellulare all’ultimo grido. Nel contempo politici e vedette si riempiono la bocca di parole vuote come diritti dell’uomo e autodeterminazione. Una cosa è certa: non si può vivere in una società a due velocità.
Quella della giungla quotidiana e quella delle grandi occasioni in cui si producono solenni dichiarazioni e si ostentano valori a cui non credono più nemmeno i più ingenui.                                   

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