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L’Italia ai mondiali del 1982. L’impresa con l’Argentina

Dovemmo ringraziare la Polonia, che, nonostante fosse già saldamente qualificata al turno successivo, schiantò cinque ad uno il povero Perù al girone eliminatorio. Bearzot iniziò a meditare su come poter limare i tanti difetti che stavano penalizzando pericolosamente la sua formazione. Optò, dunque, per far scalare posizioni gerarchiche nella squadra al giovane Paolo Rossi, il quale fino a quel momento non era riuscito a mordere le difese avversarie come tutti si aspettavano da lui. In breve, l’Italia conobbe i nomi delle due compagini che avrebbe dovuto affrontare. Il girone non poteva essere più complicato di quello che venne fuori. I nostri ragazzi se la sarebbero dovuta vedere contro due squadre che stavano sbaragliando avversario su avversario a suon di reti: il Brasile e l‘Argentina. Il popolo incominciò a disperare, sapendo che gli undici che non erano andati oltre il pareggio nelle tre partite precedenti, non sarebbero mai riusciti a scalzare dal trono due meravigliose e talentuose nazionali come il Brasile e l’Argentina. Fu in quel preciso istante che una luce nuova andò ad abbagliare i cuori degli uomini agli ordini di Bearzot. Se volevamo buttare fuori quei due mostri sacri, avremmo dovuto sudare e lottare fino allo stremo delle forze. La prima delle due partite ci vedeva più che sfavoriti. A contenderci il titolo di prima nel turno due ci sarebbe stata l’Argentina. La formazione del Sud America si era portata a casa i mondiali giocati fra le mura amiche del 1978, Inoltre, ospitava tra le sue fila degli astri nascenti che tutto il mondo temeva: il genio acerbo del calcio Diego Armando Maradona ed il chirurgico Daniel Bertoni. Il teatro di questa leggendaria sfida sarebbe stato il Camp Nou di Barcellona. Le due squadre si trovavano faccia a faccia e gli inni nazionali venivano intonati come dei canti di guerra. Tutto era pronto ed i tifosi argentini, presentatisi allo stadio in netta maggioranza, iniziarono a sollevare dalle tribune dello stadio canti densi di calore. La bolgia di Barcellona si scatenò quando l’arbitro, portandosi il fischietto alla bocca, diede inizio alla sfida. La prima fase di gioco fu dedicata allo studio reciproco, con le due squadre che non vollero affrettare eccessivamente la manovra, ma che, anzi, vollero scoprirsi il meno possibile, per decifrare le mosse dell’avversario. Si concluse così la prima frazione di gioco e le squadre tornarono verso gli spogliatoi consapevoli che al ritorno in campo avrebbero dovuto accelerare i ritmi. Al rientro sul terreno di gioco si poteva chiaramente distinguere l’aria più tesa sui volti dei ventidue atleti.Sentito l’avvio dell’arbitro le due potenze calcistiche si rituffarono nel sacro ambiente della competizione.
L’Italia partì subito tenace e cercò in tutti i modi di pungere la retroguardia argentina. Dall’altra parte anche gli uomini al servizio di Menotti non si asserragliarono in difesa e, prima con Kempes e poi con Maradona, si introdussero fra le maglie azzurre, trovando però un attento Dino Zoff. In quel preciso istante l’acume tattico di Bearzot ebbe la meglio sull’abilità strategica di Menotti. Il tecnico friulano fece avanzare Paolo Rossi, facendolo scattare verso la porta, così che le preoccupazioni della linea difensiva argentina fossero accentuate specialmente su di lui. La mossa tattica lo ripagò pochi minuti dopo, quando il solito movimento di Rossi permise a Tardelli di liberarsi dall’asfissiante marcatura dei sudamericani. L’esterno d’attacco bianconero lasciò partire una conclusione mortale per l’estremo difensore argentino che non poté nulla.La gioia fu incontenibile e la liberazione ancora di più. La nazionale era riuscita a piegare la trappola difensiva avversaria ed ora nulla avrebbe potuto far spegnere la determinazione degli undici azzurri. Il raddoppio fu folgorante: Graziani fece proseguire l’azione sulla fascia di destra ed appena vide lo spazio aprirsi servì il pallone per il solito Paolo Rossi, che, nel frattempo, si era involato verso la porta avversaria.Il passaggio si posò dolcemente ed in maniera perfetta sul piede destro di Rossi, il quale esplose un tiro violento contro il gigante Fillol, che però non si fece sorprendere ed allontanò. La palla rimbalzò incontrollata sulla fascia di sinistra, per poi essere raccolta da Conti, che lestamente la toccò per Cabrini, il quale non si fece pregare e la spinse oltre la muraglia argentina. A quel punto la contentezza per aver segnato la seconda rete contaminò tutti i componenti della squadra, che saltarono addosso ad Antonio Cabrini, portandolo in gloria come un monarca del goal.
La squadra allenata da Menotti accusò il colpo e non sembrò più audace come la formazione che nel primo tempo aveva dimostrato grande compattezza. In breve gli undici campioni argentini si sfilacciarono e gli schemi arrivarono a slegarsi. Solamente la punizione vincente di Passarella rese meno amara la sconfitta agli argentini,che si videro sopraffatti da undici furie azzurre del tutto imprevedibili e scattanti.

Lorenzo Callari

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