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La nascita del Romanticismo europeo

Con la Rivoluzione americana (1775-83) e, soprattutto, con la Rivoluzione Francese (1789-95), il mondo occidentale scoprì che, oltre alla Ragione illuminista, era necessario aprire le porte ai moti più intimi dell’interiorità umana. Senza di essi gli americani non avrebbero ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna e i francesi non avrebbero abbattuto il potere assoluto del Re. A fronte di questi enormi cambiamenti politici, sociali ed economici, anche la cultura e le belle arti non rimasero indifferenti.

Immanuel Kant, il filosofo illuminista che aveva teorizzato la necessità, per l’uomo, di uscire dallo stato di minorità” in cui l’Assolutismo lo aveva condannato, scrisse: “Un simile fenomeno nella storia dell’umanità [la Rivoluzione francese] è di quelli che non si dimenticano, perché ha scoperto nella natura umana un’attitudine a migliorare che nessun politico avrebbe mai sospettato”. La Rivoluzione fece capire ai primi Romantici che anche con la scrittura, da sola, si poteva cambiare il mondo. E loro ci si buttarono dentro con tutte le loro forze, capendo che la Ragione del Settecento non poteva spiegare ogni aspetto della vita umana.

I nuovi valori che maturarono, soprattutto in Germania, con la Scuola di Jena, a cavallo tra Sette e Ottocento, furono diversi: l’individualità, il senso di appartenenza alla storia di una comunità, il nazionalismo (che voleva esaltare le tradizioni, il popolo di una nazione, la sua lingua, la sua unicità, il suo diritto a governarsi da sola). Herder, Schiller, Schelling e Goethe (che aveva già all’attivo I dolori del giovane Werther e il Viaggio in Italia) furono i grandi nomi che promossero: a) l’interesse per la storia (soprattutto medievale), b) lo studio della Natura come organismo vivente, c) il primato del sentimento individuale, d) la ripresa della religione, come atto astratto, non razionale, e) la solitudine dell’uomo di fronte al suo destino e alla Natura, che è sublime ed è in grado di soffocarci o lasciarci senza parole con i suoi fenomeni (tema che sarà ripreso da Leopardi nei suoi canti), f) l’esaltazione della morte, di fronte ad un mondo che disprezza chi guarda al cielo anziché alla terra (i casi di Werther e di Jacopo Ortis).

Schelling teorizzò che il genio era il solo a poter dettare le regole in campo artistico, proprio perché unico ed irripetibile. Il genio è un dono della natura, non si insegna: è innato nel cuore umano che lo possiede.

Le forme dell’arte romantica o si moltiplicano per struttura (come le nove sinfonie di Beethoven) o lasciano lo spazio al canto del singolo, alla poesia lirica (Novalis, Keats, Leopardi), sovente intrisa di misticismo o di pessimismo.

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