Anna, Corrado, Mario e la quiescenza
Cari amici,
mi è stato chiesto, del tutto indegnamente, di preparare – come si suol dire – l’allocuzione per salutare Anna Gorda, Corrado Mensa e Mario Dellacqua, tre cari colleghi che, in questo giugno, hanno toccato il traguardo della pensione.
Dopo aver accettato con improvvido entusiasmo l’incarico, nel volgere di breve tempo mi sono reso conto che dire qualcosa di intelligente e di interessante, facendolo soprattutto a nome di tutti, non era poi così immediato: si tratta pur sempre (e qui non posso non citare Mario) di un momento ossimorico, fatto di “malinconico entusiasmo”. Un momento in cui il tempo chiude una porta della nostra vita per subito spalancarne un’altra, sicuramente ignota, magari splendida.
Per troncare le mie ovvietà, mi ci sono messo di buzzo buono. Ho chiesto soccorso a chi, meglio e più di me, potesse suggerirmi parole migliori. Mi sono affidato ai poeti, a coloro che erano più vicini alla mia sensibilità. E poi, al più infallibile dei giudici: il destino. E’ lui che ha scelto che cosa dire a queste tre persone che tanto mi hanno dato durante questi anni di comune frequentazione al “Prever”.
La prima scelta, che non mi ha molto convinto per eccesso di retorica (davvero un po’ troppa, conoscendo i tre amici pensionandi), è stata Per quanto puoi di Kostandinov Kavafis. Questo l’incipit:
E se non puoi la vita che vorresti,
almeno questo tenta
per quanto puoi: non la umiliare
con i troppi contatti con la gente [gli allievi o i colleghi?]
con i troppi gesti e discorsi.
Subito dopo, il caso (o la Provvidenza) ha voluto che aprissi e leggessi, dello stesso poeta, Termopili:
Onore a quanti nella propria vita
Si proposero la difesa delle Termopili.
Mai allontanandosi dal dovere,
giusti e retti in tutte le azioni,
con dolore perfino e compassione,
generosi se ricchi e, se poveri,
anche nel poco generosi,
pronti all’aiuto per quanto possono;
sempre con parole di verità
e senza odio per chi mente.
E ancora maggiore onore è loro dovuto
Se prevedono (e molti lo prevedono)
Che alla fine apparirà un Efialte
E i Persiani infine passeranno.
Anche questo, un testo ricchissimo di valori che Anna, Corrado e Mario incarnano e hanno incarnato a dovere. Con un solo limite: il finale. Nella storia, il pastore Efialte mostrò ai Persiani il sentiero con cui sorprendere alle spalle Leonida e i valorosi trecento Spartani che, sotto la sua guida, difendevano il passo delle Termopili. Come andò a finire, se non vi sovviene la storia ma avete visto il film, non è il caso di ricordarlo. Scelta bocciata.
Maledicendo la mia dabbenaggine, che mi aveva fatto accettare un compito così gravoso con un cuore tanto leggero, sono passato – in cerca di miglior sorte – ad uno dei miei numi letterari contemporanei: Wislawa Szymborska. Speravo in una chiusa che, semplice e diretta come è lo stile della poetessa premio Nobel 1996, fosse sufficientemente evocativa, del nuovo, del bello e del buono che attende – da adesso in avanti – le vite di Anna, Corrado e Mario.
La sua poesia Nulla due volte mi ha convinto: leggendola integralmente, almeno avrei potuto appellarmi alla clemenza della corte e auspicare, valendomi dell’intertestualità intrinseca alle nostre vite (oltre che al nostro mestiere), un saluto all’altezza dei colleghi che presto intraprenderanno un nuovo sentiero…
Eccola qui di seguito. Godetevela.
Nulla due volte
Nulla due volte accade
Né accadrà. Per tal ragione
si nasce senza esperienza,
si muore senza assuefazione.
Anche agli alunni più ottusi
Della scuola del pianeta
Di ripeter non è dato
Le stagioni del passato.
Non c’è giorno che ritorni,
non due notti uguali uguali,
né due baci somiglianti,
né due sguardi tali e quali.
Ieri, quando il tuo nome
Qualcuno ha pronunciato,
mi è parso che una rosa
sbocciasse sul selciato.
Oggi, che stiamo insieme,
ho rivolto gli occhi altrove,
Una rosa? Ma che cos’è?
Forse pietra, o forse fiore?
Perché tu, malvagia ora,
dài paura e incertezza?
Ci sei – perciò devi passare.
Passerai – e qui sta la bellezza.
Cercheremo un’armonia,
sorridenti, fra le braccia,
anche se siamo diversi
come due gocce d’acqua.