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Biografia e opere principali di Giovanni Boccaccio (1313-1375)

Giovanni Boccaccio nacque nel 1313 a Certaldo, vicino Firenze, da un padre ricco (collaborava con i banchieri Bardi di Firenze) e da una donna ignota, forse una domestica. Si trattò di un figlio nato al di fuori del matrimonio, illegittimo, ma dotato di grande intelligenza.

Dato il mestiere del padre, Giovanni andò a Napoli a soli 14 anni per imparare l’arte dei mercanti, impratichendosi delle pratiche di cambiavalute e di prestatore ad usura.

Attorno al 1331, Boccaccio segue i corsi di giurisprudenza dell’Università di Napoli, sotto la guida di Cino da Pistoia (un altro giurista e poeta vicino al Dolce Stil Novo).

In seguito, perfezionatosi nella scrittura, sarà ammesso alla corte di Roberto di Angiò e poi, nel 1341, laureato poeta come Petrarca a Roma. In quella corte Boccaccio conoscerà i testi della tradizione latina (soprattutto lo storico Tito Livio) e anche una donna, che diventerà l’amore giovanile più importante per la sua formazione. Boccaccio la chiamerà madonna “Fiammetta”; forse nascondendo il suo nome dietro uno pseudonimo (le dedicherà Elegia di madonna Fiammetta, un romanzo in prosa che comporrà a Firenze negli anni a venire, nel 1343: si tratta dunque di un’opera perfettamente contemporanea del Secretum di Petrarca).

A Napoli Boccaccio scriverà ancora diverse Rime e una serie di poemi allegorici e amorosi, i più importanti dei quali è il Filòcolo e il Filostrato.

Il fallimento della famiglia e della compagnia mercantile dei Bardi lo costringe a tornare nella sua città. Pur girando per altre corti del centro Italia, nel 1348 è a Firenze, dove assiste allo scoppio della peste bubbonica e perde il padre. Qui deciderà di compilare la raccolta di racconti chiamata Decameron, ovvero 10 giornate di racconti.

In seguito diventa ambasciatore per conto del Comune fiorentino. Nel 1350 conosce e diviene amico dell’altro grande letterato dei suoi tempi, Francesco Petrarca, con cui divide l’amore per la cultura antica, classica, e per la Commedia di Dante. Inoltre, sempre a Firenze, darà ospitalità ad uno studioso che gli insegnerà bene il greco. A 48 anni, gli attacchi per l’irreligiosità del suo Decameron lo porteranno in una forte crisi mistica, dalla quale uscirà prendendo, come Petrarca, gli ordini minori. Sono, gli ultimi della sua vita, anni di studio e di commento molto attivo delle opere di Dante, soprattutto della Commedia. Boccaccio morirà l’anno dopo di Petrarca, nel 1375.

Nella sua formazione, molto importante fu la città di Napoli, da lui sempre molto amata. Lì imparò la scrittura poetica, avvicinandosi al Dolce Stil Novo e conoscendo, per via letteraria, le opere di Petrarca. Tornato a Firenze, egli scriverà romanzi mitologici, come il Ninfale d’Ameto, un prosimetro che parla, in terza persona, della sua educazione sentimentale napoletana, e l’Elegia di Madonna Fiammetta, romanzo allegorico (ovvero che parla attraverso simboli di persone in carne e ossa) che onora la donna da lui più amata in giovinezza.

Boccaccio denota subito una grande facilità di narrazione in prosa, che conduce in lingua volgare, per dare modo al pubblico di ricrearsi, di divertirsi leggendo le sue opere. La sua volontà di essere popolare, si unisce alla formazione napoletana, ricca, oltre che degli spunti poetici stilnovisti, anche degli influssi provenienti dal nord della Francia (gli Angiò erano infatti francesi), ovvero dei romanzi cavallereschi in lingua d’oil.

Altra via molto percorsa da Boccaccio nelle sue opere è quella che porta alla mercatura: alle attività dei mercanti fiorentini, alla loro scaltrezza negli affari, alla loro capacità di togliersi dai guiai con le trovate più fantasiose. Il suo sguardo, rispetto a quelli di Dante e Petrarca, è diversissimo: è totalmente laico, svincolato dai problemi con il divino che facevano stare male Petrarca e che avevano motivato la Commedia di Dante. Lui guarda l’amore umano, il ridicolo, la furbizia, la capacità di evitare problemi, l’istinto: tutti tratti che rendono piene di realtà le novelle inserite nel Decameron.

Questo passaggio, dal Dolce Stil novo al Decameron, conoscerà momenti difficili, perché Boccaccio tentò sempre di liberarsi dalle sue tendenze auliche, latine, aristocratiche, che apprezzava molto, dopo essere stato ospitato per alcuni anni alla corte angioina di Napoli.

I temi più forti che egli sviulpperà nel Decameron sono tre: Amore, quello totalmente umano, anche quello basso, bestiale (non mancano mai prostitute nei suoi racconti: esse sono sempre scaltre, in grado di far fronte ai problemi della vita), l’intelligenza (vista come unica prerogativa dell’esistenza che riesce a superare il male, i casi avversi del destino) e la fortuna (il destino che può ribaltare ogni aspettativa e ogni carriera).

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