Vegetali Frutta

Dieta crudista e dieta fruttariana

Di: Tucci Giada

Caratteristiche e applicazioni in cucina

Da alcuni anni ormai è cresciuto l’interesse verso le diete che tendono ad escludere il consumo di carne e pesce o addirittura anche l’utilizzo delle alte temperatura per la cottura degli alimenti. Gli operatori di cucina devono conoscere, studiare approfondire tali diete per poter offrire al cliente piatti e menu che possano soddisfare le proprie esigenze. Presentiamo un lavoro svolto dall’ alunna Tucci Giada sulla dieta crudista e fruttariana con relative applicazioni in cucina.

INTRODUZIONE – STORIA DI ELENA DAL FORNO, RAW VEGAN CHEF ITALIANA
Elena Dal Forno è la prima chef crudista e vegana italiana ad ottenere il titolo di “Certified
Gourmet Raw Chef”. Ha frequentato la più importante e prestigiosa Accademia Mondiale
di Crudismo, la “Matthew Kenney Academy”, dove ha ottenuto il sopracitato titolo. Ha
fondato Adorawble nel 2012, la prima azienda in Italia a produrre cibo crudo con prodotti
italiani.


La teoria nutrizionista

Cos’è il crudismo vegano?

Il crudismo è uno stile di vita che abbraccia la natura e riporta l’uomo a cibarsi in modo
semplice non cucinando nulla, nutrendosi di frutta, verdura, semi allo stato naturale.
L’evoluzione di questa alimentazione primordiale è l’attuale cucina crudista, che utilizza
tecniche di trasformazione di cibi che hanno radici antichissime. Ad esempio la birra e il
vino erano bevande fermentate in uso già presso gli Egizi e gli antichi Romani, oppure la
tecnica della conservazione dei cibi per essiccazione che risale a tempi ancora più antichi.
Nella cucina crudista nessun ingrediente viene mai cotto, ma al massimo riscaldato
(utilizzando un termometro da cucina) o essiccato a 42°C, che sarebbe la temperatura
massima con la quale i cibi mantengono intatti i loro principi nutritivi. Al di sopra di questa
temperatura gli alimenti si reputano “morti”, inoltre diventano più difficili da digerire (dei
cibi cotti o denaturati, non si digerisce che il 20% circa di essi, il restante 80% lo si espelle
dalle feci, dei cibi vivi e crudi si digerisce il 90%).

La dieta crudista può includere, in minima parte, dei cibi cotti (per chi volesse tentare uno stile alimentare diverso). La scoperta della temperatura ideale per la cucina crudista è dovuta a Edward Howell.


Il crudismo vegano è un’evoluzione del crudismo in cui non si usano alimenti che derivano
direttamente o indirettamente dagli animali o dal loro sfruttamento. Non si usano inoltre le
farine bianche, gli zuccheri raffinati e i grassi idrogenati.
Quali sono i benefici del crudismo?
Le risposte del nostro organismo alla dieta crudista variano da persona a persona, ma, in
generale, gli effetti più comuni sono:
❖ un dimagrimento che tende ad assestarsi sul peso ideale;
❖ ritardo nei segni dell’invecchiamento;
❖ una migliore digestione, perché il sistema digerente è alleggerito, non essendoci
più le scorie;
❖ depurazione del fegato, di conseguenza anche una pelle più sana e luminosa;
❖ un aumento di energia;
❖ regressioni di malattie;
❖ regolazione della pressione sanguigna, la stabilizzazione del livello degli
zuccheri e dei grassi nel sangue.


Le crisi di depurazione

Spesso, chi passa repentinamente da un regime onnivoro a uno vegetariano, e poi a uno
vegano, sperimenta subito un deciso dimagrimento e delle crisi di depurazione molto
evidenti. La fase in cui il corpo inizia a detossificarsi e a liberare energie è per tutti diversa
e può manifestarsi con febbri, sfoghi cutanei, malesseri generali, stanchezza, ecc. Questa
fase è legata al concetto di tossiemia di Tilden; durante questo stadio è importante lasciare
che il corpo si liberi delle tossine (non bisogna interrompere il processo che è già iniziato).
I depositi di muco accumulati cominceranno a essere eliminati. Dopo questo periodo, si
incominceranno a sentire gli effetti benefici, come l’aumento di energia, maggior forza
fisica, capacità digestiva più efficace.
La fase detossificante può durare anche anni, ma è importante che, una volta iniziato il
processo, lo si porti avanti.


Basi storiche e credenze di uno stile di vita crudista-alcalino

In base all’opinione della chef, questa alterazione della propria alimentazione può anche
cambiare l’approccio alla medicina, in quanto, secondo lei, non esistono più “malattie”
causate da un solo fattore. In effetti molte scoperte scientifiche avvalorano l’idea per cui
ogni malessere può essere causato da una molteplicità di elementi tra loro strettamente
correlati. Ad esempio, una malattia psicosomatica (come la depressione) può avere un
radicamento in una ferita emotiva.


Il pensiero della chef attribuisce la cura per queste malattie ad un approccio che dovrebbe
partire da una comprensione totale della propria persona. Questa conoscenza risale a tempi
antichi, infatti il filosofo greco Platone ricorda che: «Non [si dovrebbero] curare gli occhi
senza curare la testa o la testa senza curare il corpo. Così anche non [si dovrebbe] curare il
corpo senza curare l’anima. Questo è il motivo per cui la cura di molte malattie è sconosciuta
ai medici greci, perché sono ignoranti nei confronti del Tutto che anch’esso dovrebbe essere
studiato, dal momento che una parte specifica del corpo non potrà star bene a meno che non
stia bene il Tutto».


Alimenti e ingredienti di base


Nella cucina crudista si prepara tutto da “zero”, si usano tutti gli alimenti che si trovano allo
stato grezzo e con i quali poi si possono creare delle pietanze. Non usando alimenti raffinati
né chimicamente modificati cercando di evitare eventuali tossicità, è indispensabile che la
qualità degli ingredienti sia la più alta possibile.

Ecco alcuni ingredienti principali per questo stile alimentare:
● frutta, verdura, legumi e/o cereali germogliati;
● semi oleosi (lino, canapa, girasole, zucca, chia) che sono ricchi di omega-3,
omega-6, magnesio, selenio, potassio;
● frutta a guscio come le noci di macadamia, anacardi, mandorle;
● spezie (l’aspetto più interessante della cucina crudista è forse proprio l’uso delle
spezie che possono utilizzate per tante cose, come il gelato alla curcuma, il
formaggio vegano all’aneto, ecc.);
● lievito alimentare in scaglie che è ricco di vitamine del gruppo B;
● tamari che è un sostituto del sale ed è una salsa senza glutine che però non è
cruda, oppure si può utilizzare lo shoyu che è crudo ma contiene glutine;
● vari tipi di oli vegetali: extravergine d’oliva, oli di sesamo, di noci, di cocco;
● farina di cocco, burro di cacao e cacao in polvere;
● dolcificanti naturali come i datteri Medjoul, uva passa, purea di mele e di pere.

L’ammollo e la germogliazione

In alcune ricette si utilizzano, tra gli altri ingredienti, anche semi oleosi, legumi o cereali
germogliati. Ma perchè i legumi e i cereali vengono germogliati? Di solito questa tecnica
viene utilizzata per rendere questi alimenti digeribili, inoltre è un modo per arricchirli di
vitamine e sali minerali e per togliere i fitati (fattori antinutrizionali che limitano
l’assorbimento di ferro, magnesio, zinco, rame, potassio ecc.). L’ammollo di 4-5 ore
solitamente è sufficiente per qualsiasi alimento, ma per alcuni alimenti l’ammollo può
durare anche molto di più; esempi:
★ AVENA: metterla in ammollo per 4 ore e poi farla germogliare. Dopo questi
passaggi viene fatta essiccare, per poi poter preparare lo sfarinato.
★ GRANO SARACENO: mettere i chicchi in ammollo per 45 minuti, scolarli e
sciacquarli ogni 2-3 ore e procedere in questo modo finché non spuntano i
germogli. Dopodiché si può effettuare l’essiccatura.
★ LENTICCHIE: metterle in ammollo per 24 ore e poi sciacquarle ogni 2-3 ore
fino a quando germinano. Lasciarle germogliare per 2-3 giorni e conservarle poi
in frigo in un recipiente di vetro.
★ SEMI DI ZUCCA E DI GIRASOLE: metterli in ammollo per 4 ore, poi scolarli,
sciacquarli ed essiccarli.
★ NOCI: metterle in ammollo per 4 ore, poi scolarle, sciacquarle ed essiccarle (per
la maggior parte della frutta secca non è necessario questo processo, si possono
anche solo sciacquare).


Il Tamari e lo Shoyu

Glycine max o soia gialla è una pianta erbacea originaria dell’Estremo Oriente (Giappone,
Cina, Indonesia). Dai semi di questa pianta si ottiene il tamari, una salsa fermentata sino a
tre anni in barili di cedro.
Il tamari e lo shoyu sono due salse liquide di colore scuro, praticamente nero/bruno, derivate
dalla soia gialla che servono a insaporire cereali, legumi, verdure e altri cibi sia cotti che
crudi. Il tamari ha un sapore gradevole e spiccato, mentre lo shoyu è meno saporito e più
delicato, una versione più leggera anche di contenuto di nutrienti.

Il tamari contiene numerosi tipi di fermenti che favoriscono la digestione aumentando la
secrezione dei succhi gastrici; rinforza inoltre la flora batterica intestinale.Viene utilizzato
come un integratore alimentare, poiché contiene proteine, enzimi, vitamine e altri
oligoelementi.

I sali minerali sono numerosi, mentre la percentuale di cloruro di sodio (16%)
lo porta ad essere un ottimo sostituto del sale, utile anche nell’alimentazione per gli ipertesi
(per chi cioè soffre di pressione alta).Un altro valore del tamari è il suo alto valore
antiossidante, addirittura si stima 10 volte superiore a quello del vino. La ricetta originaria
non contiene frumento, quindi se la preparazione è solo a base di soia gialla, è possibile
utilizzare il tamari anche nell’alimentazione celiaca, siccome non contiene glutine.

Al contrario lo shoyu tradizionalmente si ottiene dalla soia gialla cotta al vapore, dal
frumento tostato e fermentato, dal sale e dal koji ( è un preparato composto da un cereale,
solitamente riso, su cui si è fatto crescere un fungo con grandi poteri trasformativi; si tratta
di una muffa chiamata Aspergillus oryzae), perciò non può essere utilizzato nella dieta
gluten free. Molti produttori,però, al posto della soia gialla intera, utilizzano proteine di soia
idrolizzate a cui aggiungono del caramello per conferire il colore scuro.

Il tamari è nato per caso, quando un monaco buddista cominciò ad utilizzare il liquido
residuo che restava in fondo ai fusti di produzione del miso (altro condimento tradizionale
orientale). Secondo i macrobiotici il tamari può essere utile per: gli acidi lattici e fosforici
che riescono a contenere gli eccessi di alcalinità, e per la sua salinità che agisce sugli
elementi acidi presenti, quindi porta nel corpo un effetto tampone e regolatore dell’equilibrio
acido/basico.

I dolcificanti

Nella categoria dei dolcificanti naturali che si usano nella cucina crudista rientrano anche lo
zucchero di cocco, lo sciroppo d’acero, di agave, la stevia e lo xilitolo. Su di essi però
bisognerebbe fare un discorso a parte, dato che solo datteri, uva passa, purea di frutta e stevia
in foglia possono considerarsi completamente crudi. Gli altri sono comunque ingredienti
che subiscono un processo industriale, per cui né lo sciroppo d’acero né quello di agave
sono considerati davvero prodotti neutri. Anzi, per quanto riguarda il succo d’agave la
letteratura salutistica è assolutamente contraria, dato che esso può avere un indice glicemico
altissimo (come lo zucchero) a seconda di come viene prodotto e perché è ricco di fruttosio
puro, che non è salutare.

Il fruttosio concentrato come quello contenuto nel succo d’agave
ottenuto per lavorazione industriale viene assimilato molto rapidamente a livello del fegato
ma non viene trasformato in energia bensì, in prima istanza, in grassi. Questi vengono
immessi primariamente nel sangue, prima di essere stoccati nell’organismo come riserva
energetica.

Al confronto, è allora decisamente migliore del succo d’agave. L’ultima
tendenza comunque è quella di usare lo zucchero di cocco sia liquido che in polvere. Ha
indice glicemico bassissimo, è adatto ai diabetici ed è prodotto in modo abbastanza naturale.
In ogni caso la cucina crudista rifiuta lo zucchero, sia bianco sia di canna grezzo, poiché
anche questo è comunque un prodotto non crudo e chimicamente lavorato.

Gli strumenti della cucina crudista

Ci sono almeno cinque strumenti fondamentali nella cucina di uno chef crudista:
● un frullatore molto potente capace di triturare e ridurre in crema o farina;
● un robot da cucina;
● una centrifuga o un estrattore per ricavare il succo da frutta e verdura;
● coltelli;
● un essiccatore (si può usare il forno ventilato o il calore del sole).


SPAGHETTI DI SEDANO RAPA E CHIPS DI TOPINAMBUR
Ingredienti per 4 pax
  • 1 sedano rapa di grandi dimensioni
  • 1 carota
  • ½ tazza di nocciole
  • 1 topinambur di medie dimensioni
  • 2 carciofi
  • 1 cucchiaio di lievito alimentare in scaglie
  • 2 cucchiai di capperi
  • 2 cucchiai di olive taggiasche denocciolate
  • ½ cucchiaino di aglio in polvere
  • 1 manciata di prezzemolo
  • 1 pizzico di curcuma
  • pesto di carciofi
  • olio extravergine d’oliva
  • sale q.b.
  • aneto
  • pepe q.b.
    Preparazione

Procedimento

Per prima cosa spiralizzare il sedano rapa con l’apposito attrezzo e lasciar
marinare con un pizzico di sale, olio, pepe e un pizzico di curcuma. Mescolare
tutto in modo da colorare gli spaghetti di giallo e mettere da parte mentre si
prepara il resto.

Mondare i carciofi delle foglie più dure e della barba. Avendo a disposizione un
frullatore ad alta velocità e potenza si può mantenere quasi tutto. Mettere il
ricavato in una brocca con 4 cucchiai di olio, i capperi, le olive, l’aglio, il lievito
alimentare, un po’ di pepe e il prezzemolo. Frullare fino ad ottenere una crema.

A questo punto si possono preparare le chips di topinambur: con una mandolina
affettare il topinambur molto sottile, condirlo con olio, sale, pepe e aneto e
metterlo a essiccare per circa 24 ore (alternativa all’essiccatore: in forno a 250°C
per 5 minuti).

Tagliare le nocciole a pezzetti e le carote a julienne (devono essere molto sottili,
in alternativa usare il pelapatate), aggiungere tutto alla ciotola con gli spaghetti
e assemblare il piatto.

Con l’aiuto di un coppapasta mettere uno strato di pesto di carciofi sul fondo del
piatto, gli spaghetti sopra, condire con dell’olio e dell’aneto fresco e servire.


Dieta fruttariana

La storia del fruttarismo e le sue caratteristiche

Il fruttarismo nasce in Germania nel 1800 e uno dei suoi pionieri è stato il professor Arnold
Ehret, noto anche per aver ideato la dieta senza muco, praticamente a base di frutta. Poiché
affetto da problemi cardiaci incurabili all’epoca, ne cercò un rimedio dedicandosi a
numerosi studi sui modelli differenti di alimentazione.

Per i fruttariani l’uomo in origine si è nutrito esclusivamente di frutti dolci trovati sugli
alberi o caduti per terra e pertanto ritengono che il nostro corpo sia fatto in modo tale da
poter ingerire per la propria sussistenza solo questi alimenti. Non manca chi invece
attribuisce a questa scelta di vita un concetto più etico, al fine di non porre termine ad
un’altra vita, come quella della pianta.

Alcuni fruttariani sono certi che il fruttarismo sia la dieta originale per il genere umano,
inteso in senso religioso nella forma di Adamo ed Eva, e basato sulla Genesi. Essi credono
che un ritorno a una forma simile all’Eden, del paradiso, richiede una semplicità volontaria
e un approccio olistico per la salute e per la dieta. Altri aderiscono al fruttarismo desiderando
riconoscersi nel precetto dell’ahimsa, comune al giainismo all’induismo e al buddhismo,
ovvero nell’assenza del desiderio di uccidere ferire o danneggiare, in alcun modo, qualunque
essere vivente, incluse le piante.

I fruttariani non mangiano né carne né pesce, ma solo frutta fresca (solo alcuni fruttariani
utilizzano anche la frutta secca, essiccata e candita), ortaggi (come le melanzane, i
pomodori, i cetrioli e le zucchine) e cereali. Esistono anche delle correnti ancora più
restrittive, in cui non sono previsti gli ortaggi e i cereali nell’alimentazione, e c’è anche chi
sceglie di cibarsi con solo un tipo di frutta (melariani) o solo con succhi e centrifughe.

Chi vuole iniziare una dieta di questo genere non può cambiare radicalmente la propria
alimentazione. Servono almeno due anni per completare il proprio percorso, evitando
innanzitutto il cibo lavorato, ma anche legumi e semi e, prima di tutto, per evitare pericolose
carenze alimentari, è necessario rivolgersi a degli esperti per conoscere pienamente il
proprio corpo prima di fare una scelta del genere.

Ricetta

Crêpes ripiene di gelato alla banana e lamponi


Ingredienti

3 mele gialle

succo di mezza arancia rossa

½ cucchiaino di açai (bacche) essiccati (facoltativo)

2 banane mature

lamponi q.b.

scorza di 1 limone grattugiata

scorza di 1 arancia grattugiata

fettine di cocco essiccate


Procedimento

Frullare le mele con il succo d’arancia e l’açai. Stendere il composto ricavato su una teglia e essiccare il tutto a 42°C per circa 12-14 ore, ricavarne poi le crepes. Tagliare le banane a fette e metterle a congelare per tutta la notte. Lavare e tagliare i lamponi. Frullare le banane congelate fino ad ottenere un gelato cremoso e omogeneo. Farcire le crepes con il gelato e i lamponi. Decorare con la scorza di limone, di arancia e con il cocco essiccato e servire

Un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *