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Terrorismo nel mondo: Monaco 1972 e Settembre Nero (U.D.A. archivio)

Non è mai facile raccontare storie, si possono correre parecchi rischi.

“Alle Olimpiadi noi ci saremo comunque…”


Monaco di Baviera, Germania.
5 settembre.
Un martedì.

Ore 04.30 del mattino.
Circa.
Otto persone si avvicinano alla recinzione del villaggio olimpico a Monaco di Baviera.

Ci sono le Olimpiadi in Germania, dopo quelle del 1936 di Berlino.
Ci sono le televisioni di tutto il mondo.
Collegate. In diretta. 900 milioni di spettatori.

Hanno sacche sportive con i loghi delle olimpiadi, ma non sono atleti.

Nello stesso momento
un gruppo di atleti canadesi
che ha trascorso la notte nei locali di Monaco
si avvicina alla recinzione.
Credendo di trovarsi di fronte ad altri atleti che come loro rientrano «fuori orario»
aiutano gli otto a scavalcare la recinzione.
Non sono atleti.

Ore 04.40.
Pochi minuti dopo gli otto irrompono
armati
in due palazzine della squadra olimpica israeliana
sequestrando undici persone.

Sono i membri di un commando palestinese.
Sono conosciuti come Settembre Nero*.
Cosa è?
Perché si fan chiamare Settembre Nero?

“…ci saremo, in un modo o nell’altro”.
900 milioni di persone collegate.

Ore 04.47.
Una donna delle pulizie,
che si sta recando al lavoro,
telefona all’Ufficio Olimpico per la Sicurezza dicendo di aver udito colpi di arma da fuoco.
Un addetto alla sicurezza è inviato sul posto.

Vedendo un terrorista incappucciato e armato di Kalashnikov, si chiede cosa stia succedendo.
La risposta è inequivocabile:
il corpo senza vita di Moshe Weinberg
– 33 anni, allenatore di lotta greco-romana, nato in Israele –
viene gettato in strada come segno
determinato
deciso
drammatico
delle intenzioni dei terroristi.
Un altro atleta israeliano è già stato gravemente ferito nelle colluttazioni iniziali
ma il corpo
via via senza più vita
resta nell’edificio come monito ai sopravvissuti.

Pare non dovesse andare così.
Pare dovessero trasferire i sequestrati ad Algeri senza inutile violenza. Senza morti.
Per poi trattare.

Ma non è andata così.

Ore 06.00.
I sequestratori gettano dal balcone del primo piano il foglio con le loro richieste.

  • liberazione di 234 palestinesi detenuti in Cisgiordania
  • liberazione di 2 terroristi tedeschi della Rote Armee Fraktion – la R.A.F (che concesse in cambio la possibilità d’azione in terra tedesca a Settembre Nero)
    Concedono quattro ore di tempo.
    In caso di mancata risposta
    o di risposta negativa
    la minaccia è l’uccisione di un ostaggio ogni ora
    a partire dalle ore 09.00 per ogni ora di ritardo
    (cui sarebbe seguito il lancio del cadavere in strada).

Le autorità tedesche costituiscono un’unità di crisi:
il capo della Polizia di Monaco, Manfred Schreiber
il Ministro Federale degli Interni, Hans-Dietrich Genscher
il Ministro degli Interni della Baviera, Bruno Merk.
Non possono chiamare l’esercito.
Non vogliono interventi esterni.
Devono fare da soli.

Puntano tutto su uno scambio e su una trattativa.
Tentano di coinvolgere il governo di Israele il quale prende tempo per una risposta.

Israele propone di inviare in Germania un’unità di, proprie, truppe speciali per tentare un blitz,
il famigerato Mossad.
Arriverà ugualmente in giornata a Monaco nonostante il rifiuto ufficiale dei tedeschi.

L’unità di crisi, affiancata da Magdi Gohary
(consigliere egiziano presso la Lega Araba, di cui anche la Palestina ne fa parte)

e da Ahmed Touny
(rappresentante egiziano del Comitato Olimpico Internazionale),
si incarica di portare avanti le trattative.

Ore 08.45
Viene concessa una proroga al limite delle ore 09.00.
Saranno le ore 12.00.
Schreiber si dichiara disponibile a offrire qualsiasi somma di denaro.
Genscher, Merk, Walther Tröger (il capo del villaggio olimpico) e Hans-Jochen Vogel (Borgomastro di Monaco) si offrono come ostaggi al posto degli israeliani.
Tutte le richieste sono respinte dai sequestratori.

Ore 11.45
Il governo di Israele fa sapere
attraverso la voce della sua premier Golda Meir*
«Nessuna concessione al ricatto dei terroristi»

Ore 12.00
Silenzio. Nessuno sparo.
Nessuna comunicazione.
L’unità di crisi sta riuscendo nel tentativo di prendere tempo.
Vuole sapere da quante persone è formato il commando.
Lo scopre. Ma il numero è sbagliato.
5 anziché 8.

Ore 17.00.
I sequestratori avanzano una nuova richiesta:
trasferimento, insieme agli ostaggi, al Cairo (Lega Araba)
per proseguire le trattative da lì.
Con molte incertezze, questa è la soluzione condivisa.

Ore 22.10.

Inizia il trasferimento di tutti (sequestratori e ostaggi) in elicottero verso una base aerea periferica.
La base aerea di Fürstenfeldbruck.
La polizia si accorge solo ora del numero, sottostimato, dei terroristi.
Ma è troppo tardi per comunicarlo.
Troppo difficile ormai cambiare in corsa.

Ore 22:35.
Gli elicotteri con gli ostaggi atterrano all’aeroporto.
I sequestratori controllano gli aerei predisposti e si accorgono che sono vuoti.
È una trappola.
Tornano verso gli elicotteri.
La polizia tedesca fa fuoco.
I sequestratori rispondono.
Uccidono i restanti ostaggi ancora all’interno degli elicotteri.
Una bomba a mano.
Lo scontro armato prosegue per circa 80 minuti.

Sul terreno rimangono i corpi dei restanti nove ostaggi israeliani.
I corpi di cinque sequestratori
Il corpo di un poliziotto tedesco ucciso per errore dai suoi compagni.
È finita.
È l’una e mezza del mattino di mercoledì 6 settembre1972.
Tutto è durato venti ore.
Tre membri di Settembre Nero sono arrestati.
Fuori e oltre la pista dell’aeroporto rimangono molti sconfitti.
Le Olimpiadi continuano. Sono continuate per quasi tutta la giornata.
Solo una piccola pausa.
The show must go on.

La vendetta dello stato di Israele non si fece comunque attendere.
La “lista di Golda Meir” e la conseguente “Operazione Collera di Dio” furono alcune delle sanguinose
conseguenze.

Senza alcuna autorizzazione internazionale condivisa (leggasi O.N.U) ad agire.
Dirottamenti ed attentati le risposte della controparte.
Ma queste sono altre storie.
O forse no.

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