L’azione sociale e religiosa della chiesa d’occidente nell’alto Medioevo
Dopo la fine dell’Impero romano occidentale, le popolazioni civili furono costrette o ad abbandonare la grandi città italiane, per paura di invasioni da parte dei barbari (Roma passò dal milione di abitanti del 125 d.C. ai circa 50.000 del 550 d.C.), o a coltivare con molte difficoltà nutrizionali aree collinari o montane (le pianure erano infatti troppo pericolose per far crescere qualcosa: vedere la lettura sulla fotocopia 1).
Ciò determinò un forte decremento demografico e un ciclico ripresentarsi di pestilenze che mietevano molte vittime. L’unica risposta a questo desolante stato di fatto fu la creazione del Sistema curtense, ovvero di un sistema che prevedeva che, attorno o dentro ad una grande fattoria di proprietà di un nobile o di un grande monastero, si costruissero muri, forni, biblioteche, scriptoria per copiare gli antichi testi in lingua latina dell’età classica. Tali strutture, circondate da alte mura, erano utili a proteggere non soltanto i nobili o i monaci, ma anche gli agricoltori che lavoravano per loro. La struttura della curtis prevedeva due settori distinti: la parte del padrone, la pars dominica, e la parte lavorata dai suoi contadini, la pars massaricia. Quest’ultima parte poteva essere affidata o a contadini liberi o a contadini schiavi del padrone, che potevano essere venduti insieme alla terra che abitavano (i cosiddetti servi della gleba). L’economia di sussistenza che si generò all’interno di questi piccoli “paesi” permise, attorno al VII-VIII secolo, di espandere il circuito mercantile dei prodotti terrieri, mediante la creazione di mercati settimanali all’interno delle città più grandi. Altro elemento importante dell’economia curtense furono i boschi, aree deputate alla caccia e al taglio delle ramaglie, utili per scaldarsi d’inverno o per preparare il pane nei forni.
Anche la diffusione in occidente dei monasteri, luoghi di culto in cui i monaci (coloro che sono abituati a vivere da soli) pregavano e lavoravano, contribuì a difendere i pochi resti dell’antica cultura romana. Dopo che Pacomio iniziò a provare una vita da eremita (senza contatti con il prossimo) nel sud dell’Egitto, San Benedetto da Norcia fondò il monastero di Montecassino nel 528 d.C.. A seguito di questa fondazione, venne introdotta la regola (riassumibile nella frase ora et labora: prega e lavora). In base a questo regolamento, i monaci non dovevano possedere nulla di proprio, non dovevano sposarsi, dovevano obbedire al capo dell’abbazia, ovvero all’abate, e dovevano fare qualcosa di pratico per gli altri. Nei momenti in cui erano liberi dalla preghiera, dovevano lavorare o a livello fisico, nella curtis, o a livello intellettuale, copiando gli antichi codici latini e greci negli scriptoria, luoghi finestrati, simili alle sale da lettura delle attuali biblioteche, in cui le opere dei grandi autori del passato (Cicerone, Aristotele, Platone, Tacito, Virgilio ecc.) venivano ricopiate su cartapecora molto spessa per evitare la loro dispersione e per permettere la conservazione di idee molto ricche e profonde, che avrebbero consentito, una volta rispolverate e rilette, di infondere grande linfa al pensiero medievale.
