Storia di Roma
Di: Manolo Ronzino
Dalle origini alla conquista della penisola italica
753 a.C. fondazione di Roma nel Lazio
509 a.C. cacciata dell’ultimo re, secondo la tradizione Tarquinio il Superbo. Inizia l’età repubblicana.
493 a.C. Trattato Cassiano tra romani e latini.
I Latini furono un popolo in competizione con i romani fin dalle origini, fondatori di Alba Longa, potente città. I due popoli furono alleati nella lega latina, ma alla fine del VI secolo, le aspirazioni egemoniche di Roma portarono allo scontro, vinto dai Romani. Il trattato rinsaldava gli antichi legami, stabilendo reciproca assistenza militare contro i popoli esterni.
450 a.C. introduzione delle XII tavole, le prime leggi scritte romane.
430 a.C. dopo lunghi anni di guerre romani e latini hanno ragione di volsci ed equi (popoli italici, abitanti dell’Appennino laziale). I romani controllano praticamente quasi tutto il Lazio.
396 a. C. Dopo più di 70 anni di guerre i romani, guidati da Furio Camillo conquistano Veio, città etrusca e fecero schiavi i suoi abitanti.
I romani combatterono questa guerra di conquista (la prima, le altre furono guerre di difesa), senza l’appoggio della lega latina. Veio fu assediata per dieci anni e venne inglobata nel territorio di Roma; la vittoria consentì l’assegnazione di terre coltivabili ai plebei.
I patrizi e il senato trovarono quindi un sistema per attenuare il conflitto sociale con i poveri plebei, sempre più numerosi.
“Guai ai vinti” Brenno
390 a.C. I Galli, popolazione guerriera celtica, invadono e saccheggiano Roma. Varie tribù galliche erano penetrate nella pianura padana, da dove cominciarono a insidiare i domini etruschi. Un gruppo di guerrieri guidati da Brenno si diresse verso Roma, disperse l’esercito romano inviato per bloccarli ed entrò nella città.
Per la prima volta Roma venne invasa; i galli se ne andarono dopo il pagamento di un forte riscatto, ma l’evento chiamato “Sacco di Roma” fu traumatico e rimase nella memoria collettiva a lungo.
La città si riorganizzò comunque in fretta e riprese il progetto di espansione.
338 a.C. Scioglimento della lega latina dopo una dura guerra contro una coalizione antiromana. Roma domina sul Lazio; nel frattempo erano iniziate le guerre contro i Sanniti, una popolazione italica stanziatasi originariamente sugli appennini meridionali e poi discesa verso le coste campane e in Puglia sul Gargano.
343 a.C. -290 a.C. Guerre sannitiche. Furono tre lunghe guerre. I sanniti formavano una potente confederazione e dopo il declino degli etruschi e delle città della Magna Grecia rappresentavano l’unico grande nemico per Roma.
La prima guerra non ebbe né vincitori, né vinti: Roma era interessata al controllo della Campania e in particolare di Napoli.
La seconda guerra (326 a.C.) fu dura e sanguinosa ed è passata alla storia con l’episodio delle “forche caudine” dove i romani accerchiati nella gola di Caudio, nei pressi di Benevento, dovettero arrendersi per poi essere umiliati passando sotto un giogo formato dalle lance sannite.
Fu un durissimo colpo per l’orgoglio dei romani che iniziarono una strategia di accerchiamento dei sanniti attraverso alleanze militari e fondazione di colonie ai confini del territorio nemico. La guerra riprese e i sanniti chiesero la pace nel 304 a.C. Seguì la terza guerra sannitica nel 298 a.C.: una grande alleanza formata da sanniti, etruschi, umbri e galli si schierò contro Roma, ma l’abilità militare dei romani impedì che queste forze si congiungessero e nelle battaglie di Sentino (Marche) e Aquilonia (Campania) i sanniti furono sconfitti e dovettero sottomettersi.
Seguirono altre guerre che portarono Roma al controllo del centro-nord dell’Italia inglobando i territori galli ed etruschi.
282 a.C. Guerra contro Taranto. Dopo le guerre sannitiche Roma venne a diretto contatto con la Magna Grecia e le sue città che avevano combattuto lunghe guerre tra di loro e che si erano quindi indebolite.
Taranto era la città più importante, fondata da Sparta nel 706 a.C. I romani dopo aver battuto i sanniti, decisero di violare il trattato con Taranto che impediva a Roma di entrare con le proprie navi nello Ionio e nel golfo della città; Roma inviò le navi e Taranto le affondò, scatenando la guerra.
Taranto era sprovvista di un esercito di terra in grado di opporsi a quello romano e chiese aiuto a Pirro, sovrano del regno ellenistico dell’Epiro (Grecia settentrionale). Pirro, un re abile ed ambizioso, sbarcò in Italia e grazie all’impiego della falange e soprattutto degli elefanti (che i romani non conoscevano) ottenne due vittorie che gli costarono però grosse perdite.
Gli elefanti di Pirro
Pirro propose dunque trattative di pace ai romani e il conflitto venne sospeso, anche perché Pirro volle portare aiuto alle colonie greche in Sicilia, minacciate dalla crescente potenza cartaginese. Dopo alcune vittorie Pirro dovette ritirarsi a causa dello scontento dei greci di fronte alle spese militari. Ritornato nella penisola venne sconfitto dai romani definitivamente a Malevento (ribattezzata poi Benevento dopo la vittoria) nel 275 a.C. Taranto dovette accettare l’alleanza con Roma che in breve prese il controllo di tutte le altre città della Magna Grecia.
266 a.C. Roma controlla direttamente o attraverso alleanze un territorio che va da Rimini allo stretto di Messina
La grande espansione di Roma
La nuova nobiltà al governo di Roma
Dopo la conquista dell’Italia e fino alla fine del II secolo a.C. Roma condusse guerre di conquista che la portarono a dominare il Mediterraneo (dal latino “in mezzo alla terra”). Questo portò significative trasformazioni nella società romana: fra i plebei, che con una serie di leggi avevano ottenuto un’equiparazione politica e giuridica con i patrizi, si formò una minoranza che si era arricchita con i commerci e i lavori pubblici.
Questa nuova classe sociale prese il nome di nobiltà e l’aristocrazia più antica favorì l’ingresso in senato delle famiglie plebee più importanti.
Il senato quindi poteva essere raggiunto attraverso la carriera politica (cursus honorum), ovvero il percorso delle quattro magistrature più importanti: questura, edilità, pretura e consolato.
“Homo novus” era colui che intraprendeva la carriera politica senza aver avuto un magistrato tra i parenti e gli antenati.
Roma nel mediterraneo: le guerre contro Cartagine
La repubblica e il suo impero
Nel corso del quarantennio (202-149 a.C.) che seguì alla fine della seconda guerra punica, la politica romana scelse la strada dell’imperialismo: un nuovo periodo di guerre condusse Roma all’egemonia sul mondo mediterraneo. Vennero sconfitti i celti della Gallia cisalpina (cioè a nord del Po) per proseguire verso il Veneto e l’Istria. Venne sottomessa la penisola iberica, divisa in due province: Spagna Citeriore e Ulteriore (rispettivamente “al di qua” e “al di là” della Sierra Morena).
Nell’area greca Roma si scontrò con i ricchissimi, ma ormai fragili regni ellenistici. Filippo V di Macedonia volle limitare l’autonomia delle polis greche, le quali chiesero aiuto a Roma che sconfisse Filippo nella seconda guerra macedone.
Contro Roma si schierò Antioco III re della Siria, anch’egli sconfitto e più tardi nella terza guerra macedonica, il figlio di Filippo V, Perseo: la battaglia di Pidna segnò il definitivo tramonto del regno macedone che venne smembrato e nel 148 a.C. anche la Macedonia divenne provincia romana.
L’imperialismo romano divenne successivamente ancora più duro e assunse un carattere diverso: non era più solo una scelta politica, ma appariva saldato con ragioni economiche, poiché lo sfruttamento dei territori conquistati portava a Roma grandi ricchezze. Nel 149 a.C. con una terza guerra punica, Roma assediò Cartagine e la distrusse completamente, trasformando il suo territorio in provincia romana (provincia d’Africa) deportando e vendendo come schiavi i suoi abitanti.
Una fazione politica romana, guidata da Catone il Censore, sosteneva la pericolosità della città fenicia che pur non disubbidendo a Roma, si era ripresa economicamente.
Il pretesto per la guerra fu una reazione cartaginese alle continue minacce del regno africano della Numidia, alleato dei romani.
Nello stesso anno Roma distrusse anche Corinto, in Grecia, antica e illustre tra le polis che mal sopportavano la politica romana. Roma soppresse tutte le ribellioni e la Grecia fu accorpata alla provincia di Macedonia.
Stessa sorte toccò ai ribelli spagnoli: Numanzia subì lo stesso destino di Cartagine nel 133 a.C. e nello stesso anno il re di Pergamo, Attalo III, morì senza eredi e lasciò il suo regno che comprendeva buona parte dell’Asia minore a Roma. Venne costituita la provincia d’Asia.
Per garantire i collegamenti con la Spagna, i romani sottomisero anche la Gallia meridionale, fondando la città di Narbona.
La regione fu chiamata Gallia Narbonese (125 a.C.). A un secolo dalle guerre puniche.
Roma dominava tutto il Mediterraneo che i romani chiamavano ormai “mare nostrum”.
Il dominio romano era dunque immenso e doveva essere governato: le province vennero affidate a governatori ( il pretore, massima carica dopo quella di console) che svolgevano funzioni politico-militari, giudiziarie e fiscali. Per ciascun governatore si apriva uno spazio di potere amplissimo, con grandi possibilità di arricchimento personale, perché le province dovevano versare a Roma numerose imposte; l’esazione di queste imposte venne affidata ai “pubblicani”, provenienti dalla classe dei cavalieri. Per limitare abusi di potere venne costituito, nella metà del II secolo, un tribunale per giudicare i reati di malgoverno nelle province.
Espansione II secolo
La repubblica dopo le conquiste
L’enorme ricchezza che confluì a Roma tra la metà del III secolo a.C. e la metà del II generò cambiamenti strutturali nella società e grandi disuguaglianze economiche. Ad arricchirsi furono soprattutto l’aristocrazia senatoria, che trasse profitto dalle conquiste e dall’accaparramento dell’agro pubblico e i cavalieri (equites), una classe sociale chiusa, a cui si accedeva se si possedeva un alto reddito annuo (almeno 400 mila sesterzi). I cavalieri erano esclusi dalle cariche politiche, ma gestivano tutti gli appalti dello stato, dalla riscossione delle imposte all’allestimento delle flotte commerciali e militari.
Ad impoverirsi furono i piccoli proprietari terrieri, che per combattere dovevano abbandonare le loro terre, piccoli lotti dell’agro pubblico che avevano ricevuto in assegnazione: al ritorno le ritrovavano incolte e in rovina ed erano costretti a venderle per far fronte ai debiti.
Le campagne si svuotarono così di cittadini liberi per riempirsi di schiavi catturati in battaglia, che lavoravano al servizio dei latifondisti aristocratici. Roma, invasa da questi proletari, diventava sempre più caotica e le classi dominanti, per tenere sotto controllo il malcontento delle masse, organizzavano distribuzioni gratuite di grano, giochi e spettacoli.
Un altro elemento di grave tensione in Italia erano i municipi senza diritto di voto, gli alleati italici che, pur avendo combattuto le guerre di Roma, non si vedevano ancora riconosciuta la piena cittadinanza e cominciavano a far sentire il loro malcontento.
Vi furono anche profondi cambiamenti culturali: dopo la conquista, l’apertura al mondo ellenistico, sostenuta dal potente circolo degli Scipioni, che introdusse a Roma la filosofia ellenistica, mise in crisi gli antichi e sobri costumi tradizionali romani (il mos maiorum), di cui Catone il Censore fu il massimo sostenitore, contro l’”otium” (il tempo dedicato alla filosofia), l’amore per il lusso e per l’arte.