Introduzione a Giovanni Verga (1840-1922)
Catanese, originario di una famiglia di origini nobiliari, Verga fu garibaldino (come il conterraneo Francesco Crispi, primo ministro italiano dal 1887 al 1895) e visse un periodo, durante la prima giovinezza, in cui, nei suoi romanzi, si dichiarò sostenitore del Risorgimento sabaudo. Nascono in questa fase i volumi Amore e patria, I carbonari della montagna e Sulle lagune, tutti improntati al racconto della storia dell’unificazione italiana (con le imprese garibaldine in primo piano) e della lotta contro lo straniero (soprattutto contro l’Impero austro-ungarico).
Nella seconda fase creativa, quando lascerà Catania per Firenze e Milano, si avvicinerà molto alla Scapigliatura perché influenzato dal mondo antiborghese milanese. Di che cosa si occupa il Verga scapigliato, tra gli anni 1865-75? Si occupa di amori malati, di uomini che sono alla mercé di donne che non sono mai le loro mogli e che pensano a vivere pienamente le loro passioni amorose (tutte però senza lieto fine). Le donne cui si accompagnano sono attrici e ballerine (in un parola: prostitute, secondo il modo di pensare borghese dell’epoca). Quali sono i romanzi più importanti del periodo scapigliato di Verga? Una peccatrice, Eros, Eva, Tigre reale.
Dopo il 1875, Verga, grazie alla mediazione di Luigi Capuana (primo traduttore italiano dei romanzi naturalisti di Zola), inaugura un terzo stile di scrittura, quello chiamato VERISTA. Esso dipende dall’esperienza positivista di Zola in Francia; in Italia, i veristi descrivono le condizioni di vita degli ultimi della società meridionale (minatori, braccianti, pescatori). Come i francesi, anche i veristi italiani descrivono la società in modo oggettivo, senza pareri personali, come se fossero una macchina fotografica che si astiene da ogni parere soggettivo. Sono però molto più pessimisti in merito alla possibilità che ha la scrittura di modificare, in meglio, le condizioni di vita dei più poveri: non si fidano infatti del nuovo stato unitario dei Savoia.
Primo esempio di scrittura verista scientifica è la novella Nedda, cui poi seguono alcuni volumi (Storia di una capinera) e raccolte di novelle, soprattutto Vita dei Campi e Novelle rusticane (1880-1883).
Come parlare di questi fatti sociali e dei loro sventurati protagonisti? In terza persona, in modo distaccato, senza partecipare emotivamente al racconto. Con quale italiano? Con un italiano gergale, molto vicino al dialetto. Quali temi vengono praticati? L’impossibilità di cambiare vita, la necessità di accettare decisioni che altri (o il destino) hanno preso per te. In Verga non c’è libertà, per i personaggi: essi agiscono solo in base alla NECESSITA’ dei loro destini e del loro ruolo sociale. Chi prova a cambiare il suo destino, cade ancora più in basso. Particolarmente negativa e priva di speranza (Verga era infatti ateo) è la novella La lupa.