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Francesco Petrarca: analisi e commento di alcuni sonetti del “Canzoniere”

Il primo sonetto, quello che apre la raccolta poetica in lingua volgare di Petrarca, contiene al suo interno diverse parole e situazioni che lasciano intendere al lettore che il vero protagonista del volume sarà il poeta, con il suo Io profondo, prima ancora della storia di amore con Laura De Novis. Amore, in senso contrario al Dolce Stil novo, viene etichettato come un errore di gioventù, uno sbaglio per cui chiedere scusa a chi sia un po’ esperto del mondo, la causa della separazione di Petrarca dalla sua società, che lo considera una “favola”, un uomo di cui ridere per i suoi troppi cambiamenti di umore.  Del resto, le rime sparse sono il simbolo del disordine della vita umana, una vita che non può seguire un’unica direttrice, un’unica strada: deve prendere tanti sentieri perché l’essere umano è imperfetto, vorrebbe essere Dio, il supremo ordine, ma gli è vietato, non può essere che così. Sicuramente, la vita è prima di tutto irrazionale, senza senso logico: non sempre gli errori sono peccati, sono frutto della inconsapevolezza, della finitezza, dei limiti dell’uomo, dei suoi problemi psicologici (vedere il sonetto a p. 313 dell’antologia di terza).

Nel secondo sonetto,  Movesi ‘l vecchierel (il sedicesimo del Canzoniere), Petrarca effettua una similitudine tra se stesso e un anziano che si mette in viaggio, lasciando la sua famiglia e il suo comfort, per raggiungere Roma. Lì vedrà il velo della Veronica, un’icona bizantina su cui è impresso il volto di Cristo. Tanto la figura di Cristo è irraggiungibile per l’uomo, quanto il poeta cerca nei volti delle altre donne l’immagine dell’amata Laura. In questo brano del Canzoniere, si vede come Petrarca cerchi di modificare la figura di Laura. Ella potrebbe essere la Beatrice di Dante, ovvero la donna angelo che salva l’uomo, ma potrebbe anche essere, come diceva Agostino nel Secretum, la donna che allontana Petrarca da  Dio. Dato che lei si sottrare al poeta, egli è costretto a diventare migliore, a mettersi in viaggio, nella sua vita,  per cercare la “forma vera” che egli tanto desidera. Probabile che questo sonetto sia stato scritto prima del sonetto n.1: la sua scrittura risale forse al 1337, primo viaggio a Roma di Petrarca.

Il terzo sonetto Solo et pensoso, il trentacinquesimo nell’ordine del Canzoniere, è un sonetto che parla della solitudine, necessaria per chi ama. Il poeta, innamorato, malinconico, misura i suoi passi percorrendo strade e luoghi deserti, dove non trova gente. Fa anzi ben attenzione ad evitare chiunque, non vuole alcuna compagnia. Non ha altro modo per ripararsi dagli sguardi delle persone, le quali non sanno quanto stia male dentro di sé. Nelle sue azioni prive di gioia, si nota quanto bruci il fuoco dell’amore. Soltanto i luoghi deserti, le pianure, i boschi e i fiumi conoscono davvero quale sia il malessere che lo pervade. Ma, nonostante tutto il suo volersi nascondere alla vista degli altri, non c’è luogo in cui l’Amore non lo raggiunga per ragionare (verbo tipicamente stilnovista) con lui di quanto lo tormenta. L’inizio, come al solito, è un omaggio a un poeta latino, a Properzio. (i due sonetti sono sull’antologia di italiano delle terze, pp. 318-320)

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