dipinto barca e pescatore

DIALOGO di una viaggiatrice per il mondo, alla ricerca della sua CASA. (parte 2- MARE)

Mare

Sfumature cristalline, vibranti alla carezza della brezza gentile; aggressive, provocate da tornado leggiadro e crudele.
In voi posso confondermi, goccia guizzante dell’onda? In voi devo confondermi? Quali sfumature riconoscete vostre?
Quel color indaco celestiale che mi ricopre nei momenti di tristezza, o quel rosso fiammante, dipinto da sole morente, che fa delirare di passione? O il colore splendente dell’oro bruciante?
Ditemi! Non son degna di far parte della schiera acquatica degli esseri guizzanti?
Perché giungiamo dall’acqua, e per tornarvi dobbiamo patire i tormenti di un’anima delirante di furore?
Eri il nostro nido, amica acqua. Non porgi il tuo grembo ai tuoi figli reietti?
Orrido m’appari a volte, o mare, quando vento ostile mi trascina oltre i tuoi lidi rosseggianti dalla parvenza di nuvola.
O quando, nel delirio dei sogni mi tuffo negli oscuri abissi, dalle profondità indefinibili ed inquietanti.
Eppure somigli tanto al cielo, mare amato-odiato. Quante volte in te vorrei perdermi , e contemporaneamente fuggire alla presa del tuo manto color notte.
Amante mio, dalle carezze spumeggianti, sei cielo riversato sulla terra. Sei caos di sentimenti addensati. Sei patina di lacrima che riluce sul mio corpo.
Immaginarmi, ora m’è dolce, veliero all’orizzonte o serpente marino insinuato nel recesso dei tuoi veli azzurrini, impalpabili quanto l’oblio.
Ma sento il gelo delle tue acque vendicatrici che mal tollerano il peso delle mie spoglie terrene, peccatrici senza peccato. Gelo! Gelo atroce cattura, cattura le mie vesti e, qual vortice, trascina verso le ghiacciate regioni del mio cuore, scrigno di passioni fossili!
Grazie! Grazie a te, o mare, rivelatore della mia impotenza creativa!
Ma sirena risorgerò davanti a te, impietoso boia delle mia sofferente anima.
Davanti a te m’esibirò in guizzi di repentina vivacità, insinuandomi inafferrabile nelle tue viscere che, lor malgrado, mi saran guanciale.
Già sento lo scoppiettante rumore delle tue bolle lacerate sulle mie carni vendicatrici. Questa sarà la mia rivincita. Così potrò finalmente partire.
No! Una voce ora risuona dentro, e invade le carni, fa gioire l’anima che ha dissolto il dubbio.
Tu non sei degno d’accogliermi, mare dei miei sogni e dei miei incubi. Troppo crudele e ribelle, troppo impassibile davanti alle mie lacrime disperate di cui hai preso avidamente possesso, confondendole con altre innumerevoli gocce senza nome.
Troppo palpabile per me. Tu, parvenza ingannatrice d’ infinito. Tu che illudi con sipario vitreo e cristallino, tu che distogli lo sguardo dell’ingenuo viandante delle tue strade dall’idea perfetta d’Assoluto.
Se a te mi affidassi, mi uccideresti, riversando il peso dei tuoi errori sul mio spirito inerme che si adagerebbe, sorpreso da tanta crudeltà, sulle tue alghe verdastre e viscide, dalle mille spire mortali.
Labirinto senza vie tu sei, binocolo curvo rivelatore di realtà corrotta, artefatta a tuo piacere.
Altro ricetto avrà il mio corpo vittorioso, d’anima che rifulgerà al sole dell’eterno.

Silvia Maria Calliero

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